a seguire firmacopie.
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“Io all’inferno ci sono stata e ne conosco anche il peso specifico. Quarantadue. Quarantadue erano i chili di troppo che mi imprigionavano nel corpo e nell’anima. A volte li sento ancora addosso. Come quegli sguardi, un misto tra il disgusto e la compassione, “oh poverina, e pensare che ha un viso così bello, se solo non fosse così grassa!”. Sì, ero quella bella di faccia. Il resto era tutto troppo. Vi siete mai guardate allo specchio senza riconoscervi? Io l’ho fatto per tanto, tantissimo tempo. Forse troppo. Avete mai sentito il respiro cedere, mentre il desiderio di cibo cresceva? Io lo sapevo: non ero il mio peso, ma lo sono stata a lungo. Io non ero curvy, ero grassa, eppure odiavo quella parola. Che in realtà, se uno si accetta, non fatica a riconoscerlo: dopo tutto, è la descrizione di un corpo, come esiste il magro, così il grasso. E allora perché io non volevo sentirmelo dire? Io non mangiavo per fame. Né mangiavo per noia. Mangiavo dolore. Volevo soffocare il pianto con il cibo. Volevo vincere la guerra e alla fine ho perso me stessa. E sono scesa all’inferno. L’inferno dell’obesità. Ma la fine non era la fine. Era l’inizio della mia seconda vita. Prefazione di Giovanna Botteri.
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